sabato 30 aprile 2011

La storia di Don Draper e lo yeti blu

Che ci fanno uno yeti blu e Don Draper su una decappottabile in giro per il Texas?
Ci fanno Tell me something I don't know: il video e il singolo degli Herman Dune più divertenti dai tempi di I Wish That I Could See You Soon.


"I have not worked with a lot of puppets, but this one I would suggest is the cutest. It's pretty adorable." E pure Jon Hamm goes pucci!

Strange Moosic, il decimo album degli Herman Dune, esce il 23 Maggio per City Slang e Fortuna Pop.

Herman Dune - Tell Me Something I Don't Know

venerdì 29 aprile 2011

Toro mixtape y moi


"Apparently he made this in bed, just for you."  (Modular)

Che Toro Y Moi, inserendo in scaletta questa finezza, stia, in vista del tour in Italia, altrettanto apparentemente, ricercando da vero nerd nella nostra cultura musicale passata?

Enrico Simonetti - Chi Mi Cercherà

giovedì 21 aprile 2011

Indians - Magic Kids

I like to hold your hand
but your hand isn't here any more
I like to see your eyes
but your eyes do not see
any longer
I want to walk with you 
but our walks do not exist
any more

martedì 19 aprile 2011

John Grant: sold out e knock out


Stasera John Grant suonerà nella cornice della Chiesa di Sant'Ambrogio di Villanova. Il concerto è sold out e dunque il post non serve a molto se non ad augurare un buon concerto a chi è da quelle parti e si è accaparrato un biglietto, e -qui arriva il knock out- a regalare questa Everyday Is Like Sunday cantata dall'ex Czars insieme a Jason "Grandaddy" Lytle.

sabato 16 aprile 2011

modern : sound = huge : sparkles


Oggi pomeriggio anteprima di Sparkles, il nuovo EP dei Le Man Avec Les Lunettes, in diretta a La Belle Epop (non il blog, il programma tentativo d'intrattenimento musicale alla radio) dalle 17.30 sulle frequenza di Città Del Capo - Radio Metropolitana.
Oltre a sintonizzarvi, sapete cosa potreste fare, tipo? Ordinare il disco ora e pagarlo meno.

[cover di Laurence]

venerdì 15 aprile 2011

Là fuori non ci sono più i vinili, capisci?

Non era questo il contributo che volevo dare alla chiamata alle penne e ai ricordi diffusa da Vitaminic per il Record Store Day. Quello che avevo in mente, pianificato con la calma e la dovizia che si riserva alle cerimonie importanti, era offrire l'ascolto di un'intervista a una persona che non conosco poi così bene ma che ritengo piuttosto familiare: il titolare di uno storico negozio di vinili nel centro di Firenze. Purtroppo le cose non sono andate come speravo e non c’è stata nessuna intervista. Ero curioso di sentire cos'aveva da dire a riguardo il negoziante, un militante che è lì da vent'anni sempre con la stessa tranquillità a vendere i dischi come il pane e a sbattersene del “ritorno del vinile” o “la crisi del disco”. Speravo egoisticamente che dalla conversazione si arrivasse alle stesse mie ciniche conclusioni sul RSD.

- Ciao, sono Federico, chiamo da Radio Città Del Capo di Bologna. Sarebbe possibile parlare con il titolare?
- Sì ciao, sono io, il mio collega mi ha detto che avevi già chiamato.
- Le spiego...
- Dai oh, diamoci pure del tu.
- Bene. Ti spiego, ho chiamato te perché, invitato dalla webzine Vitaminic.it a scrivere qualcosa a proposito del Record Store Day, ho pensato che non avevo proprio nulla di straordinario da dire. Però mi è venuto subito in mente il tuo negozio!
- Mi fa piacere. Ma in che senso, "il mio negozio"?
- Sì, per me il tuo è il negozio di dischi. L’ho frequentato silenziosamente durante gli anni dell’università, prendevo roba inglese anni Ottanta e Novanta soprattutto, indiepop più che altro, dischi per i quali tu avevi sempre un micro-aneddoto da raccontare. Ma immagino non ti possa ricordare di tutti i clienti che passano.
- Eh no, impossibile.
- Ti dicevo, mi è venuto in mente il tuo negozio e mi chiedevo se fossi disponibile per fare un’intervista.
- Non credo proprio. Non siamo molto propensi a questo genere di cose.
- Ti prometto che è solo una chiacchierata, si fa registrata, possiamo fare tutti gli strafalcioni che vogliamo, dire tutte le parolacce che ci vengono. E poi il Record Store Day è solo una scusa.
- Non è questo il problema, è che proprio noi non riusciamo a farle questo tipo di cose. Poi, boh, per me questa faccenda del Record Store Day è come la festa della donna: non serve a niente.
- Ecco, è proprio lì che con calma sarei voluto arrivare. Non so se ti interessa il mio punto di vista: a me il Record Store Day come celebrazione di un posto che dovrebbe essere familiare, normale, equivalente al panificio o alla farmacia, dà l'orticaria. Quindi possiamo anche saltare la parte nobile della sensibilizzazione del pubblico a recarsi nei negozi di dischi indipendenti un giorno all’anno e mi potresti raccontare per esempio, una tua giornata tipo tra i vinili.
- No dai, l’autopromozione... Senti, noi non abbiamo proprio rapporti con i media, è più forte di noi.
- Guarda, secondo me non è autopromozione...
- Perdonami ma non se ne parla. Non è voler essere snob, anche se può sembrare tale. E’ che noi non siamo proprio capaci di relazionarci con l'esterno. A parlare in radio o su carta stampata non saremmo più noi. Al di là della porta di questo negozio finisce tutto, noi diventiamo degli orsi. Là fuori non ci sono più i vinili, capisci?
- Certo, capisco.

La chiacchierata non si è conclusa così, è proseguita amabilmente con l’invito a continuarla nel negozio quanto prima. Nonostante l'abbia registrata, ho dato parola al titolare che non avrei pubblicato la telefonata originale. Il fatto poi è che questo atteggiamento di rifiuto gentile ricevuto, duro e puro, le cui motivazioni in realtà vanno al di là di quello che posso comprendere, o anche solo intuire, mi fa amare ancora di più quel posto.

Io a Firenze non ci vivevo e nel negozio non ci entravo tutte le settimane. Frequentando l’università in una noiosetta città a una statale di distanza dal capoluogo toscano, uno sprazzo vita metropolitana da studente fuorisede -con quello che può significare l’aggettivo metropolitano in senso musicale in Italia- ho cercato di costruirla lì. E quella alcova di pochi metri quadri ricolma di vinili, per me è stata più di "un negozio di dischi". E' stato un grande armadio con un suo odore, dove c'erano aperti cassetti impensati, potevo metterci la testa dentro e tutte e due le mani e andare in apnea, oppure salirci e tirare su forte l'aria, per un attimo, da un punto più alto.

mercoledì 13 aprile 2011

Arcade Fire mathematically suck

Per fustigare aspramente e ancora una volta gli Arcade Fire (sulla questione ne aveva anche scritto Marina), il rigido professore di critica (e algebra) musicale Everett True a questo giro si aggrappa ai logaritmi di Last.fm.

Per favore, silenzio.
Solo un pizzico di attenzione che il discorso è breve e fila liscio.
Premessa: in giro ci sono tante acclamatissime-ma-pessime band.
Svolgimento: dalle statistiche della similar artists page di Last.fm risulta che molte di queste acclamatissime-ma-pessime band sono in rapporto di "SUPER SIMILARITY" con gli Arcade Fire.
Conclusione: gli Arcade Fire sono una acclamatissima-ma-pessima band.

Insomma, fanno matematicamente schifo.

Lezione finita, ora provate pure a muovergli qualche obiezione. La risposta, già fornita nei commenti al suo post, sarà: "It’s how I used to do algebra at college. Look up the solution first, and work back to the problem."

Previously on LCD Soundsystem

Dopo aver pianto per il season finale e intuito che ci potrebbe essere uno spin-off, rimane poco altro se non ritornare a guardare con gli occhi lucidi le puntate precedenti e riviversi la saga. Intervistato nel 2006 dal collettivo m ss ng p eces James Murphy parla di gusti musicali, della scoperta di nuove band, della commistione tra i generi, della tecnologia in supporto dell'artista e di internet. Saranno i poteri conferiti dalla maglietta di Future Days dei Can ma è terribilmente seduttivo intellettualmente il modo in cui con l'equilibrio del saggio orientale fa i conti il passato e descrive il futuro come l'avesse già vissuto.

lunedì 11 aprile 2011

All the old is all the new


"Everyone's looking for new ways to be the same old, but feeling the need to dress it up and fool us into believing that there's something different happening here, just to satisfy our need for newness by way of our frivolous attentions."

Poco da fare. Da qualsiasi posizione lo guardi, ovunque lo ascolti, comunque me lo rigiri tra le mani la conclusione è qualcosa di molto vicino a "nulla è più valido, i giochi sono fatti". Non disco dell'anno finora. Disco dell'anno, punto. Un album talmente bello che l'istinto sarebbe quello di sbucciarlo, tagliarlo a pezzetti e mangiarlo.

mercoledì 6 aprile 2011