lunedì 16 febbraio 2009

Half a letter

Caro Zio,
spero tu mi conceda questa smanceria, il bene che ho coltivato nei tuoi confronti e negli anni nutrito, è arrivato pian piano a tal punto da spingermi a non chiamarti più per cognome.
Da un po' che non ascoltavo con nuovo interesse un tuo album. Ti ritrovo qui, devo dire, piuttosto in forma. Mi sembri uno di quegli zii che invece che fare figli e comprare una casa all'età in cui si converrebbe, se ne stanno a ingelatinarsi davanti allo specchio tutto il sabato pomeriggio, preparazione all'ennesimo first date con la nuova tipa di turno (vabè dai, il genere non conta). O che nonostante il mal di schiena si ostinano ad avere il futon al posto del materasso, preferiscono sempre la macchina d'epoca toccatagli in eredità a qualsiasi mezzo di trasporto più comune e affidabile. Perché, dicono, fa più figo.
Sono sicuro poi, che tu una macchina speciale già ce l'abbia, una macchina del tempo, tipo. Credo si possa trovare nel tuo box doccia. Guardati, quando esci da lì, sembri sempre un brillante trentenne. Un po' come la foto qui sopra.
Lasciami dire un'altra cosa, io non capisco perché ultimamente dici che "there is no love in modern life". Anzi, oltre a non capire, io ci sento tutt'altro. Per me quella in quella frase canti "there is no hope in modern life", fin dal primo ascolto ho creduto così. E lo preferisco, voglio pensarlo, e non m'importa che tu possa non essere d'accordo. Sai cosa? Una vita dove non ci sia love non credo sia possibile, me l'hanno assicurato tanto tempo fa i miei. Al contrario, hope può mancare, proprio come intendo io in quel verso. E sai cosa succede se hope non c'è? Love se ne frega, e va avanti lo stesso. E dai e dai, fa nascere hope.
Se penso che la prima volta che ti ho "incontrato" avevo sedici anni, mi trovavo per la prima volta da solo in un'altra nazione e comprai una raccolta della band dove cantavi agli inizi, lì c'era una sola canzone che conoscevo e mi piaceva da morire; se penso a quante ore abbiamo trascorso insieme, a quante volte ho preferito ascoltarti piuttosto che coprire la tua voce che usciva dalle casse con le grida, a quante volte ho provato a contattarti e non mi hai risposto, nemmeno con un piccolo accenno tra le righe di un'intervista... Se poi con il fast forward, da quel pomeriggio di dieci anni fa in quel negozio di dischi in Inghilterra, arrivo a questi giorni, beh un piccolo magone mi prende, posso anche sentire una leggera curva corrucciarsi sulla fronte. Ma poi sorrido, un po' mi sento pure meglio, rimetto il play su Years of Refusal e ti scrivo una lettera.

Un abbraccio,
F.

mp3::. Morrissey - One Day Goodbye Will Be Farewell

1 commento:

anKor ha detto...

verrà il giorno in cui riuscirò a scrivere in un mio post quanto sono debitore degli smiths, di moz, di tutto 'the queen is dead', del mio\nostro orgoglioso sentirci diversi anche solo per quattro petali di gladioli nascosti nella tasca destra dei jeans...