giovedì 29 marzo 2012

This label will change your life


Esce tra pochi giorni nelle librerie inglesi How soon is now?: titolo mutuato dagli Smiths per un libro che studia a fondo il fenomeno delle etichette indipendenti dalla metà degli anni settanta fino a quasi i giorni nostri. Il sottobosco musicale, poi per alcuni casi fiorito in successo di vendite e di pubblico, sondato da Richard King è quello di cui ancora oggi le nuove generazioni comprano le magliette: Factory, Rough Trade, Mute, 4AD, Beggars Banquet, Warp, Creation, Domino e le storiche band ad esse legate. L'autore, un vero insider della scena indie anglosassone, in questa intervista riesce a incuriosire quel tanto che basta per mandare subito l'ordine ad amazon. L'estratto da leggere sul Guardian, il gatto della Postcard Records in copertina e il simbolo di una casa editrice come la Faber and Faber poi completano l'opera di convincimento.

mercoledì 28 marzo 2012

Vulcanology!

Ve ne sarete accorti, la primavera è lì fuori, tra un po' verrà a prendervi, occuperà la stanza costringendovi a lasciare di corsa le sue mura, ad abbandonarvi definitivamente a lei. In previsione di ciò è bene aver una mezza idea di dove far volare le mente vuota e posare il cuor leggero per passare quello che gli anglosassoni chiamerebbero some quality time. La dritta per il pomeriggio e la sera di Domenica 15 Aprile ve la do già da ora. Montate sulla vostra navicella spaziale e venite alla scoperta del Vulcanofono, un nuovo collettivo di agitatori e volenterosi modenesi che con spirito retro-futuristico si presentano così:
Vulcanophono è un collettivo musicale formato da musicisti ed artisti modenesi. Obiettivo principale è l'autopromozione, l'organizzazione e la diffusione di eventi inerenti la musica. L'idea è creare un percorso meta-artistico organizzato, tale da coinvolgere diverse sfere musicali e culturali, partendo dalla nostra città e dalla nostra estetica.
"Vulcanology" - La Tenda, 15 aprile 2012
E' l'evento di presentazione del collettivo. Una giornata incentrata sulla musica e sull'autoproduzione. Oltre ai progetti musicali dei membri del collettivo (ED, Angus Mc Og, Setti e Rashomon) suoneranno i prestigiosi A Classic Education, ora in tour negli Stati Uniti. Il tutto sarà farcito da mercatini e banchetti vintage (handmade e riciclati) e stand informativo-pubblicitari di alcune tra le realtà discografiche indipendenti più interessanti in Italia.
Se questo non bastasse, il prossimo Martedì 1 Aprile, i ragazzi con la scusa di rompere il ghiaccio (dei cocktail) daranno un aperitivo di presentazione: An Introduction To Vulcanology!

martedì 27 marzo 2012

Non è un brutto sogno

E' tutto vero e quando ieri pomeriggio ho letto il post con cui gli Air France hanno reso nota la decisione di "smettere di provarci" a fare musica mi si è scurita la giornata. Mi sembra di aver dedicato molto tempo alle loro canzoni, per qualche inspiegabile bizzarria climatico-sentimentale mi sentivo molto vicino a questi due pallidi trentenni svedesi che con una manciata di brani di eleganza sterminata hanno creato un culto: la balearica scandinava per quanto micro genere di elettronica, effimero e fragilissimo, è stato diffuso largamente e marchiato a fuoco dalla loro effige. Non molto tempo fa avevano fatto ancora una volta sapere che il nuovo album poteva essere vicino. La realtà era però che dal 2008, da quel superlativo No Way Down Ep, che a nome del duo elettro pop di Gothenburg era uscito nulla. Piuttosto che scrivere un coccodrillo sarebbe il caso di rimettere su i loro due dischi, farli girare ancora sul piatto e continuare a celebrarli. E' quello che ho fatto ieri sera, tra la tristezza nella lettura delle oneste parole di resa scritte da Joel ed Henrik e la nostalgia dei pensieri che sul dorso dei loro loop mi riportavano ai mesi caldi di quattro anni fa e a chi in un pigro pomeriggio mi passava delle cuffie dove la voce bianca di un bambino continuava a ripetere autisticamente "Sort of like a dream? No, better". Grazie ancora, Ari e Air France.

- Recensione No Way Down Ep

martedì 20 marzo 2012

Dacci oggi la rossa quotidiana

Dovrei davvero inaugurare la rubrica "readhead" oppure raggruppare sotto questo tag tutti i post del blog che hanno come protagoniste le teste color cremisi del pop. Ricordate Bambi delle Dum Dum Girl? Se la risposta è sì allora tanto sconosciuta non vi risulterà la chioma carota di Katie Serbian-Brouillette. Dopo essersi emancipata dalla girl band californiana, la bassista debutta su Art Fag come Cheap Curls con un singolo intitolato Jackie Oh e un sound che tra battimani e smaccate chitarrelle indiepop centra in un unico colpo secco sia ginocchia che cuore.

giovedì 15 marzo 2012

La primavera araba dei Literature

La scoperta dei Literature non è accaduta grazie alla solita imponente webzine americana o - più triste ancora - in uno di quei leaks blog. Arab Spring dei Literature l'ho ascoltato grazie a Kip Berman, cantante dei Pains Of Being Pure At Heart, che nel pieno delle gioie natalizie lanciava cuori e commenti di sostegno verso la misconosciuta band texana. Niente di particolarmente romantico insomma, mica come quando i dischi buoni te li passava il compagno di banco, l'amico di sbronze o il tipo della radio. Ma è il 2012 baby, e su, proviamo a convincerci che anche il romanticismo può avere il suo risvolto 2.0.

"The bandcamp is all we got for now" mi rispondeva Nathaniel tempo fa alla domanda su quando sarebbe uscito il disco. Arab Spring è in free download ma un obolo volontario lo merita davvero se non volete aspettare Aprile per la copia in vinile. Dieci canzoni che fanno da manuale di sopravvivenza da qui fino all'estate: le chitarre jangly saltellano sui cori che si lanciano a occhi chiusi in ritornelli dove ti ritrovi a confonderti con altri ventisette brani suonati da gruppi storici da garzantina dell'indiepop. E' una sensazione di facile fresco primaverile che prevale. C'è persino troppa naturalità e brillantezza per immaginare i quatto di Austin incartati nei nostalgici e a volte troppo filologici ranghi della Slumberland o in quelli più cupi e metropolitani della Captured Tracks.
Band come Mazes o Cloud Nothing avrebbero trovato ottimi rivali se i Literature fossero venuti fuori dall'anonimato un attimo prima. In Arab Spring sono centrifugati alla velocità massima gli stessi Pains insieme a Buzzcocks, il college rock e la scuola pop di Glosgow: un ascolto per intero vi occuperà ventidue minuti, l'ascolto ripetuto vi terrà lì per qualche settimana di seguito. Ci scommetto. Dopo tre mesi io sono ancora sotto shock per come i Literature siano arrivati dritti e inconsapevoli al dance first, think later!, sintesi agognata da migliaia di gruppi lì fuori che ogni giorno ci provano duramente con le chitarre sfrontate e i bulbi spettinati. Oggi, amici miei, abbiamo dei vincitori.

mercoledì 14 marzo 2012

Molly Ringwald, musa di Francia



Era già accaduto con Lisztomania, la hit di qualche stagione fa dei francesissimi Phoenix ma si trattava di uno straordinario fan video che ebbe poi clamoroso successo (date un'occhiata all'elenco infinito delle città in cui è stato rifatto!). Questo video meno chiacchierato è invece ufficiale e accompagna la stupenda Still, brano tra i migliori di Let Go, il nuovo album (in ascolto in streaming) del trio, ancora un volta d'oltralpe, Revolver. Ok, niente di così originale ma c'è poco da fare i blasé, ché di rivivere i sedici anni di Molly Ringwald o di adagiar la testa sull'altrui spalla al suono lento di una ballata, non ci si stanca mai.

venerdì 9 marzo 2012

In stanza con i Ganglians

Divertenti novità in casa Ganglians. La band di Sacramento, responsabile di uno dei dischi meraviglia della passata stagione, ha lasciato sul soundcloud una manciata di inediti che aggiungono un po' di synth e groova al suono dei quattro. Questa è la versione live della nuova In The Room. E' di poche ore fa e ci arriva direttamente da Seattle Portland, da uno degli ultimi palchi della costa ovest americana divisi in tour insieme agli A Classic Education. La regia e la foto sono proprio della cara Giulia Mazza. Miracoli della banda larga e delle band fighe.

martedì 6 marzo 2012

Il SXSW voleva essere un festival regionale

Il sorrisone che risplende nella foto è di Louis Black, l'uomo dietro il South By Southwest. Certo, pensare che a capo di un festival gigante come quello che si tiene ad Austin da più di venticinque anni ci sia una sola simpaticissima persona è impossibile: Louis è uno dei co-fondatori dell'evento e dei principali responsabili di aver reso la città texana una pantagruelica mecca della musica live e cinematografia indipendente mondiale.

Della stupenda intervista, traboccante anche di storie interessanti sull'attitudine do it yourself, rilasciata a The Line Of Best Fit, non saprei davvero cosa evidenziare. Sembra tutto molto incredibile per un "europeo"che lì non c'è ancora stato. Forse proprio questa a proposito delle due semplici idee che reggono l'intero castello (dove peraltro anche quest'anno gli A Classic Education saranno a suonare su cinque diversi palchi):
There are two main things really. The idea that making music is both a business and an art, and the more you understand the business side of things the more you can control your art. The other thing is that there is no line between who is the audience and who is on the stage. This was one of the things that happened in the punk clubs down town, especially one called Raul’s where over the course of 6 months over half the people who had been in the audience ended up having bands on stage. It is about getting involved, starting your own radio show, website, blog, film, band or a selection of everything. Everybody has the option to be creative.

venerdì 2 marzo 2012

This stuff is for dancing and not for analysis

Dopo l'ennesimo rifiuto a farsi intervistare, Jonathan Richman ha gentilmente regalato alla rivista Mojo una poesia nella quale si autointervista. Richman uomo chiede al Richman musicista come ci si sente a sessanta anni, di cui quaranta passati su un palco di fronte a un pubblico, ogni sera diverso. La risposta è sincera, dignitosa e naïve, come solo Jonathan Richman. Il resto del componimento poi, sarebbe da tenere sempre nel taschino della mente e tirare fuori in quei momenti in cui i nostri venti/trenta e qualcosa, inspiegabilmente, pesano un tot.

So Jonathan, does it feel at all strange to be sixty years old,
Singing in clubs now for forty odd years,
Playing for students a third your age?
Yes, it feel strange.
Yes, it feel strange.
My face keeps on changing, but the public stays 20.